di Matteo Battistini
da rimininews.it
«Orrore». Non usa giri di parole il Presidente dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci) di Milano, Giovanni Meola, per descrivere la bocciatura in consiglio regionale dell’estensione dell’assistenza pediatrica di base anche ai figli di immigrati irregolari. «Non e’ questione assolutamente tollerabile in un paese che si intende civile. L’assistenza e la cura vengono prima di qualsiasi cosa, specie se si tratta di minori» incalza Meola.
La proposta, portata avanti da Patto Civico, chiedeva di estendere in Lombardia un diritto già presente in altre Regioni italiane (Trentino, Liguria, Puglia, Lazio), peraltro sancito dalla conferenza Stato – Regioni del dicembre 2012: l’assistenza sanitaria pediatrica ai minori non può essere legata allo status giuridico dei genitori, e anche chi non è in regola con il permesso di soggiorno ha il diritto di poter curare i propri figli e di scegliersi liberamente il pediatra. Un diritto di semplice umanità, che si è scontrato contro il muro eretto dall’amministrazione di centrodestra capeggiata dal Presidente Maroni: la salute non deve rientrare tra i diritti universali, l’accesso deve essere garantito esclusivamente a chi ha le carte in regola (magari dando preferenza agli italiani).
In molti si sono scagliati contro questa decisione, sia da un punto di vista etico, sia da un punto di vista sanitario. Non è solo moralmente sbagliato negare le cure ai bisognosi, ma per una migliore efficienza del sistema sanitario è addirittura controproducente, e le ricadute potrebbero essere molto gravi. «Garantire il diritto alle cure primarie ai gruppi più vulnerabili non significa solo ridurre le diseguaglianze sociali, ma anche migliorare l’efficienza sanitaria» afferma il Presidente della Società Italiana di Pediatria Giovanni Corsello. «L’accesso del minore non regolare all’assistenza del pediatra permetterebbe infatti una più efficace attività di prevenzione e di diagnosi precoce, riducendo significativamente l’utilizzo improprio dei Pronto Soccorso, i ricoveri ospedalieri e le complicanze croniche, con conseguente minor onere a carico della spesa sanitaria pubblica». Una tesi che ribalta completamente le argomentazioni “razionali” utilizzate dagli esponenti più oltranzisti della Lega Nord per argomentare la loro contrarietà: nessun soldo ai clandestini, il rischio sarebbe una minor efficienza di tutto il sistema per i lombardi.
Alle critiche più dure la Lega Nord ha scelto di rispondere invocando i temi più cupi del proprio retroterra: Maria Teresa Baldini, esponente della lista Maroni ha parlato di «bambini immigrati irregolari come testa di ponte di future invasioni del nostro tessuto sociale»; mentre Fabio Rizzi, altro leghista, si è espresso a favore della mozione, spiegando che così «i pediatri potranno stilare una lista di proscrizione per denunciare i bambini irregolari», in pieno stile da caccia alle streghe.
Molte associazioni per i diritti civili si sono immediatamente attivate per tentare di abrogare questa discriminazione. Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), Naga e Avvocati per niente hanno intrapreso un’azione civile presso il Tribunale di Milano. «Il problema si pone sia per i bambini figli di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, sia per i figli di cittadini comunitari che non hanno i requisiti per l’iscrizione al Sistema Sanitario Nazionale» continuano le Associazioni. «Questa situazione di disparità nell’accesso al Sistema Sanitario tra minori italiani e minori stranieri privi di titolo di soggiorno configura una violazione del principio di parità di trattamento e costituisce pertanto discriminazione. Non bisogna infine dimenticare – concludono le Associazioni ricorrenti – che i minori non possono mai essere considerati ‘irregolari’, indipendentemente dalla posizione giuridica dei genitori».
L'articolo La Lombardia nega il pediatra ai minori irregolari è stato pubblicato su Giornale Il Referendum.
